Lara Dickenmann
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Lara Dickenmann: «È divertente lavorare con le giovani»

È la calciatrice svizzera più vincente di tutti i tempi e in veste di capitano guida la Nazionale nelle qualificazioni ai Mondiali del 2019. Abbiamo parlato con Lara Dickenmann del segreto del suo successo, del ringiovanimento della squadra e di progetti per il futuro.

Lara Dickenmann, ad agosto si è aggiudicata per la settima volta il titolo di «Credit Suisse Player of the Year». Se l’aspettava?

Non proprio. Naturalmente mi ha fatto molto piacere, ma devo ammettere che questa volta avevo un po’ l’amaro in bocca. Arrivo da una stagione positiva, ma quando si ha l’onore di ricevere un riconoscimento così importante si vorrebbe dare il massimo all’appuntamento clou della stagione. E purtroppo durante gli Europei non ci sono riuscita.

Da che cosa è dipeso?

Ho sofferto degli infortuni che mi hanno impedito di partecipare a due importanti fasi preparatorie a inizio e metà stagione dove si costruiscono potenza e resistenza. E ne ho pagato le conseguenze. Arrivata agli Europei la forma fisica non era quella che avrebbe dovuto essere, ero a corto di energie.

Ciononostante, gioca da oltre dieci anni ai massimi livelli. Qual è il segreto del successo della sua carriera?

Uno è la mia famiglia. I miei genitori mi hanno sempre sostenuta. A un certo punto volevo lasciare perdere, ma mi hanno riportato alla ragione. L’educazione che mi hanno impartito mi ha insegnato a fare autocritica e non ho mai smesso, nemmeno nei momenti più difficili, come al Lione, quando sono stata inizialmente relegata in seconda squadra. Invece di andarmene ho affrontato la situazione e questo mi ha aiutata a crescere.

Che ricordi conserva del suo debutto in Nazionale nell'agosto del 2002?

Ricordi molto belli. Vincemmo fuori casa per 2-1 a Clairefontaine contro la Francia e per di più segnai un goal.

All'epoca il calcio femminile svizzero stava muovendo i primi passi.

Verissimo. Le circostanze di allora sono difficili da immaginare oggi. Eravamo una squadra di dilettanti assolute. Solo Kathrin Lehmann giocava già all’estero, le altre lavoravano o stavano svolgendo la formazione. Ci si allenava solo la sera, non esistevano strutture che permettessero di conciliare la scuola e lo sport. I club affrontavano le spese ma non versavano ancora alcuna indennità giornaliera, figuriamoci uno stipendio fisso. Ma abbiamo tratto il meglio da quella situazione. È stato un periodo in cui abbiamo tirato fuori tutta la nostra passione.

Da allora ha disputato 124 partite con la maglia della Nazionale. Qual è stato il momento più bello?

La conquista della qualificazione ai Mondiali. È stata la realizzazione di un sogno al quale lavoravamo duramente da oltre un decennio. Quando ho debuttato in Nazionale, partecipare ai Mondiali era un traguardo talmente lontano che nemmeno ne parlavamo. Era semplicemente inimmaginabile. All’epoca prendevamo regolarmente sonore batoste dalle migliori squadre europee.

In Nazionale ha segnato 49 reti, qual è stata la più importante?

Il pareggio in casa contro la Danimarca nel 2014. Erano le qualificazioni ai Mondiali e quel risultato ci ha permesso di mettere subito una distanza tra noi e le temibili danesi. Comunque non è stato un bel goal, ho segnato su rigore.

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C’è qualcosa che cambierebbe nella sua carriera?

No, non per quanto riguarda la scelta delle società. Però a 31 anni si è più consapevoli del rapporto con il proprio corpo. Col senno di poi da giovane sono stata talvolta negligente sul piano della rigenerazione e della prevenzione.

Con il suo talento se fosse un uomo sarebbe multi milionaria. Avrebbe mai voluto essere maschio?

No, sono molto soddisfatta della mia carriera. Chi lo sa se da uomo sarei riuscita ad arrivare ai massimi livelli. Nel calcio maschile c’è maggiore concorrenza e oltre al talento serve grande disciplina. Non ho mai avuto la disciplina di un Cristiano Ronaldo, che sacrifica tutto al calcio. Lo sport non è mai stata la cosa più importante per me, ho sempre avuto bisogno di un equilibrio.

Finiti gli Europei ben sei titolari fisse hanno terminato la loro carriera in Nazionale. Anche lei ha pensato al ritiro?

Ci ho riflettuto a lungo perché, come le dicevo, ero molto insoddisfatta delle mie prestazioni agli Europei. Ma non volevo prendere una decisione troppo impulsiva e ne ho discusso anche con le persone che mi sono più vicine.

Cosa l’ha spinta a proseguire?

Mi piacciono le sfide e mi piace il ringiovanimento della squadra. Al primo incontro post Europei l’età media era di 22,8 anni. Le nuove leve avranno bisogno di un po’ di tempo per abituarsi al contesto internazionale dal momento che la maggior parte di loro milita nella Lega svizzera, ma hanno grandi potenzialità e cresceranno in fretta. È divertente lavorare con le giovani e dare – così mi auguro – il mio contributo.

Adesso sulle sue spalle gravano ancora più responsabilità?

La responsabilità è aumentata e va bene così, però non ricade solo su di me, è condivisa. Anche Gaëlle Thalmann, Lia Wälti e Ana-Maria Crnogorcevic vantano una grande esperienza internazionale e qualità di leader.

Quali sono a suo avviso i punti di forza di questa Nazionale?

Il buon mix tra giocatrici giovani e giocatrici più esperte e la grande motivazione dei volti nuovi. Rinnoveranno la passione. Chi non ha mai partecipato a un Europeo o a un Mondiale ha l'ambizione di arrivare a questo obiettivo e contagia anche noi vecchie leve.

Con le due vittorie su Albania e Polonia il cammino verso la qualificazione ai Mondiali del 2019 non poteva iniziare meglio. Si aspetta un filotto come quello riuscito nelle qualificazioni agli Europei, con 8 vittorie in 8 gare?

Dobbiamo trovare la quadra come team e ridimensionare un po' le nostre aspettative. È improbabile riuscire a mettere a segno una fila di vittorie. La stessa Polonia non è da sottovalutare. Ma l’esigenza di conquistare il 1° posto, ovvero la qualificazione ai Mondiali, rimane. Da questo non si prescinde.

Quali sono a oggi i suoi obiettivi come calciatrice?

Innanzi tutto preservare la salute. Poi sogno di vincere nuovamente la Champions League con il Wolfsburg. I Mondiali in Francia, paese in cui ho vissuto per molti anni, sarebbero il coronamento perfetto alla mia carriera.

Quindi dopo i Mondiali del 2019 dirà addio alla Nazionale?

Sì. A meno che non viva una seconda giovinezza (ride).

Nel futuro di Lara Dickenmann c’è il ruolo di CT della Nazionale?

Mi piacerebbe molto intraprendere una carriera da tecnico. Ma non è detto che una giocatrice di successo sia anche una brava allenatrice. Una cosa è certa: la Nazionale sarà sempre nel mio cuore. Se dovessi mai avere la possibilità di dare il mio contributo, in qualsiasi veste, lo farei senz’altro.

Profilo personale

Lara Dickenmann (31 anni), volto del calcio femminile svizzero, è una delle giocatrici europee più affermate. La trentunenne ha vinto sei volte il campionato francese con la maglia del Lione e due volte la Champions League. Da centrocampista del Wolfsburg quest'anno ha centrato il double. In Nazionale ha disputato 124 partite realizzando 49 goal.