Barometro Europa: maggioranza favorevole allo sviluppo dei relazioni bilaterali
Un'esigua maggioranza di cittadini svizzeri auspica un ulteriore sviluppo delle relazioni tra la Svizzera e l'UE, in particolare anche attraverso gli accordi quadro istituzionali, ma senza fare concessioni. Questo è quanto emerge dalla terza edizione del Barometro Europa di Credit Suisse in collaborazione con l'Europa Forum Lucerna.
I trattati bilaterali della Svizzera con l'Unione europea (UE) sono, anche quest'anno, giudicati importanti da una netta maggioranza degli elettori elvetici. Un'esigua maggioranza auspica inoltre un ulteriore sviluppo della collaborazione con l'UE, possibilmente nell'ambito dell'accordo quadro istituzionale. Tuttavia l'elettorato non è disposto a fare concessioni all'UE. Per quanto concerne argomenti controversi sempre collegati a questo tema, come la protezione salariale o l'adozione del diritto dell'UE, gli svizzeri hanno un'opinione ben precisa. Queste sono le conclusioni emerse dalla terza edizione del Barometro Europa di Credit Suisse, un sondaggio rappresentativo condotto dall'istituto di ricerche gfs.berna su incarico di Credit Suisse e in collaborazione con l'Europa Forum Lucerna. I risultati sono parte integrante del Barometro delle apprensioni 2019, la cui pubblicazione è prevista per il 5 dicembre 2019.
In generale per i cittadini svizzeri gli sviluppi economici e politici in ambito UE continuano ad avere una grande rilevanza: il 66 per cento li ritiene abbastanza o molto importanti. Sebbene si tratti di 8 punti percentuali in meno rispetto allo scorso anno, la quota rimane comunque decisamente maggiore rispetto a quella degli intervistati che considerano tali questioni piuttosto irrilevanti o molto irrilevanti (23 per cento). Gli accordi bilaterali vengono giudicati complessivamente dal 73 per cento dell'elettorato «molto importanti» (27 per cento) o «piuttosto importanti» (46 per cento), e ben il 76 per cento degli intervistati ritiene piuttosto o molto importante che la Svizzera intrattenga rapporti stabili con l'UE. L'importanza dei bilaterali è incontestata anche nelle regioni linguistiche. Tuttavia, con una percentuale pari al 63 per cento, nella Svizzera italiana la quota di persone che ritiene gli accordi molto importanti o piuttosto importanti è un po' più contenuta rispetto al resto della Svizzera (Svizzera tedesca: 75 per cento; Svizzera francese: 67 per cento).
Accordo quadro istituzionale: percezione limitata presso il pubblico
È dal novembre del 2018 che al Consiglio federale è depositato il progetto di contratto per un accordo quadro istituzionale che dovrebbe fungere da ombrello per cinque accordi di accesso al mercato già esistenti e per ulteriori accordi futuri tra la Svizzera e l'UE. Dal Barometro Europa 2019 di Credit Suisse e dell'Europa Forum Lucerna emerge che, nonostante il grande clamore mediatico, solo il 60 per cento dell'elettorato era a conoscenza delle trattative condotte dalla Svizzera con l'UE e riguardanti l'accordo quadro. Se si chiede a questa fetta dell'elettorato quali punti della trattativa ha percepito come controversi, la tematica più menzionata risulta essere quella dei salari/salari minimi/dumping salariale. A percepirlo come un punto molto dibattuto è il 23 per cento. Seguono poi i temi «giudici stranieri» (11 per cento), la libera circolazione delle persone (6 per cento), l'adozione del diritto dell'UE nonché il tema del partenariato sociale e del conseguente ruolo dei sindacati (4 per cento).
Appoggio allo sviluppo delle vie bilaterali da parte di una piccola maggioranza
Il Barometro Europa mostra inoltre che una lieve maggioranza, pari al 52 per cento, auspica uno sviluppo delle relazioni tra la Svizzera e l'UE. Il 24 per cento vorrebbe che lo status quo fosse quanto meno mantenuto, e solo il 15 per cento auspica una riduzione della collaborazione con l'UE. L'accordo quadro istituzionale gode di una grande approvazione presso i sostenitori dello sviluppo della collaborazione: il 63 per cento è favorevole alla continuazione dei trattati bilaterali tramite l'accordo quadro, e solo il 17 per cento vorrebbe che quest'ultimo fosse rinegoziato. L'adesione allo SEE (8 per cento) e all'UE (7 per cento) al momento non sono argomento di discussione. Del 15 per cento degli intervistati che auspica una riduzione della collaborazione con l'UE, il 7 per cento indica la disdetta degli accordi bilaterali come principale priorità, mentre il 33 per cento si dice contrario alla firma dell'accordo quadro, anche con il rischio di erodere i bilaterali.
Una domanda chiave legata alle trattative per l'accordo quadro istituzionale con l'UE è quella relativa alle eventuali concessioni che gli aventi diritto di voto sono pronti a concedere a garanzia della strada bilaterale. Nessuno degli scenari presentati raggiunge la maggioranza: né l'adeguamento del diritto delle assicurazioni sociali al regolamento dell'UE, né l'adozione del diritto europeo, né l'adeguamento delle misure di tutela del salario. Tuttavia quest'ultima opzione - che vede il 31 per cento degli intervistati favorevoli, il 50 per cento contrari e il 19 per cento astenuti - teoricamente potrebbe raggiungere una maggioranza se tenuto conto dell'errore di campionamento (+/- 2 per cento). Considerato l'ampio dibattito mediatico sul tema, un simile risultato suscita comunque sorpresa. Lukas Golder, codirettore dell'istituto di ricerca gfs.bern, spiega: «Gli adeguamenti in materia di protezione salariale tendono a incontrare più favore in Ticino che nel resto del paese. L'appoggio giunge in particolare dai simpatizzanti del PLR. In tema di direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE, i più aperti a scendere a compromessi sono i cittadini della Svizzera romanda e gli elettori del PS».
Molta fiducia (anche nella Svizzera) per il commercio con paesi terzi
Dai risultati del Barometro Europa 2019 è inoltre emerso che l'ottimismo degli elettori svizzeri in caso di un peggioramento delle relazioni commerciali con l'UE è addirittura aumentato rispetto all'anno scorso: nel complesso circa il 17 per cento (+1 pp) dell'elettorato ritiene che un rafforzamento del commercio con paesi terzi come gli Stati Uniti e la Cina possa compensare la conseguente perdita derivante da una diminuzione dei volumi commerciali con l'UE. Un ulteriore 43 per cento (+5 pp) degli intervistati è piuttosto concorde con questa valutazione. Per contro, solo il 28 per cento ritiene una simile ipotesi piuttosto o del tutto irrealistica.
Alla domanda su quale strategia debba perseguire la Svizzera, considerato che il commercio mondiale viene controllato sempre di più dalla politica di potere delle grandi potenze, il 49 per cento si dichiara favorevole all'adozione di una politica di nicchia autonoma. Solo il 34 per cento auspica un maggiore allineamento a una posizione UE unificata per potenziare la propria forza negoziale. Manuel Rybach, responsabile Public Affairs & Policy di Credit Suisse, afferma: «La crescente importanza economica dei mercati emergenti, e in particolare dell'Asia, e gli sforzi della politica commerciale estera svizzera diretti a rispondere a questa evoluzione trovano un effettivo riscontro. Le statistiche commerciali sottolineano però chiaramente l'importanza del mercato interno UE: a titolo di esempio, il volume degli scambi commerciali intrattenuti dalla Svizzera con i soli Land del Baden-Württemberg e della Baviera è superiore a quello con la Cina. Gli accordi di libero scambio con i paesi extra UE sono senza ombra di dubbio molto importanti, ma secondo gli interpellati l'accesso al mercato UE rimane insostituibile per l'economia svizzera.