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La pandemia consolida i trend presenti sul mercato immobiliare

Credit Suisse pubblica il «Monitor immobiliare Svizzera 3° trimestre 2020»

Grazie a una rapida, seppure ancora incompleta, ripresa dalla crisi economica dovuta alla pandemia nel primo semestre, le ripercussioni negative immediate sul mercato immobiliare svizzero sono limitate a piccoli segmenti parziali. A lungo termine il COVID-19 dovrebbe tuttavia sortire un più accentuato effetto catalizzatore e acceleratore di vari trend. La prosecuzione della fase di bassi tassi d'interesse legata alla crisi finisce per potenziare la sovrapproduzione di appartamenti in affitto a fronte di una perdurante penuria di proprietà abitative. Per il momento la crescita di alloggi sfitti non sembra quindi arrestarsi. La rapida trasformazione delle modalità di lavoro dovuta alla pandemia è motivo di grande preoccupazione tra gli investitori immobiliari. In futuro l'home working acquisterà senza dubbio maggiore importanza, riducendo il fabbisogno di superfici a uso ufficio. Poiché tuttavia con il passare del tempo la produttività e la capacità innovativa lavorando da casa dovrebbero diminuire, gli economisti di Credit Suisse non si aspettano un radicale allontanamento dall'ufficio, ma piuttosto un adeguamento graduale ai nuovi mondi lavorativi.

Il COVID-19 frena la domanda e genera più superfici sfitte
Già lo scorso anno era evidente che il lieve calo della quota di nuove abitazioni sfitte non era l'inizio di un'inversione di tendenza rispetto alla pluriennale crescita di spazi sfitti, bensì semplicemente il risultato di un buon andamento dell'economia negli anni 2017 e 2018. A fugare ogni dubbio è stato poi il COVID-19. Le incertezze circa le conseguenze della pandemia hanno ulteriormente ridotto una domanda di alloggi già fiacca. Contrariamente alle aspettative, l'immigrazione netta si è dimostrata relativamente solida, in quanto il numero delle partenze (di stranieri e svizzeri) è diminuito maggiormente rispetto al numero degli arrivi. Complessivamente si è assistito a una nuova lieve accelerazione della crescita di superfici sfitte. La disponibilità, già a livelli record, di abitazioni sfitte quest'anno è aumentata di altre 3449 unità, raggiungendo quota 78 832, rispetto a una crescita di 3029 unità registrata lo scorso anno. La quota di appartamenti non affittati raggiunge quindi ben 2,75%.

Nessuna fine in vista per la crescita delle superfici sfitte
Per il prossimo anno l'immigrazione dovrebbe continuare a diminuire malgrado la progressiva ripresa. Ciò si spiega con la crescita negativa dell'occupazione dovuta alla recessione, che impedisce per il momento una ripresa del mercato del lavoro e attrae anche meno lavoratori dall'Europa o dai Paesi terzi nonché un numero inferiore di dimoranti temporanei. Questi ultimi sono in forte calo quest'anno, e questo dato si tradurrà in un secondo momento in una minore crescita di dimoranti annuali. Non solo quest'anno, ma anche il prossimo anno, nel settore degli alloggi in affitto verrà quindi a mancare la capacità di assorbire completamente gli appartamenti appena giunti sul mercato. Il numero di appartamenti in affitto è destinato perciò ad aumentare anche nel 2021.

L'attività edilizia si rivela poco vulnerabile alla pandemia
Responsabile dell'aumento delle superfici sfitte, che perdura ormai da ben 11 anni, è anche l'intensa attività di costruzione di appartamenti destinati alla locazione che, nonostante la crisi del coronavirus e la scarsa domanda, prosegue a livelli elevati. La conseguenza immediata della crisi e del lockdown è stata la drastica riduzione delle licenze edilizie, che a marzo e aprile hanno registrato un calo del 21%. Tale riduzione è stata tuttavia già ampiamente compensata da un incremento del 15% nel secondo trimestre. Nella media mobile su quattro trimestri la diminuzione è ormai quasi impercettibile. Ancora una volta, a sostenere questa robusta attività edilizia sono il contesto di tassi d'interesse estremamente bassi e la conseguente elevata attrattività dei rendimenti immobiliari. L'aumento degli spazi sfitti comporta maggiori rischi per i proprietari di immobili e rende più difficile la commercializzazione, tuttavia non è in grado di correggere l'eccessiva realizzazione di appartamenti in affitto; nella migliore delle ipotesi la potrà solo attenuare.

Scarsa disponibilità di abitazioni di proprietà
Contrariamente a quanto avviene nel mercato degli alloggi in affitto, il settore degli appartamenti di proprietà e quello delle case unifamiliari saranno interessati anche nei prossimi uno - due anni da una riduzione dell'attività di costruzione. Le licenze edilizie hanno infatti registrato un nuovo minimo storico nella media mobile su quattro trimestri. L'ampliamento atteso dell'offerta per i prossimi 6 - 18 mesi è quindi pari ad appena lo 0,8% della disponibilità di alloggi di proprietà. Neppure gli ultimi dati relativi alle domande di costruzione indicano un'inversione di tendenza. Fintantoché perdurerà il contesto di tassi negativi e la domanda di case plurifamiliari rimarrà elevata, in molti casi si continueranno a realizzare più appartamenti in affitto che alloggi di proprietà a causa della maggiore facilità di vendita da parte dei costruttori. La scarsità dell'offerta fa aumentare ulteriormente i prezzi delle proprietà abitative, proteggendo chi già possiede un'abitazione da perdite di valore, ma esponendo anche i nuovi acquirenti a difficoltà di finanziamento ancora maggiori.

Mercato degli uffici: rivoluzione o evoluzione?
Anche se il COVID-19 non ha praticamente effetti negativi immediati sui redditi locativi di immobili a uso ufficio, gli investitori sono preoccupati per le conseguenze a lungo termine del crescente ricorso all'home working. La pandemia ha sdoganato questa modalità di lavoro, accelerando l'abbandono della cultura del presenzialismo in ufficio. Molte imprese hanno annunciato che in futuro daranno ai dipendenti maggiore libertà di scelta del luogo di lavoro. Altre ritengono invece l'ufficio il punto di riferimento centrale per garantire la produttività. È perciò difficile prevedere quali saranno le ripercussioni sulla domanda di uffici a lungo termine. Dopo un iniziale livello sorprendentemente elevato di efficienza dei dipendenti in regime di home working, secondo gli economisti di Credit Suisse, a medio - lungo termine la produttività è destinata a ridursi. Un ricorso eccessivo al lavoro a domicilio dovrebbe penalizzare a lungo andare anche la capacità innovativa. A medio termine molte imprese rimarranno perciò fedeli all'ufficio come luogo principale di lavoro.

Di conseguenza, la domanda di superfici a uso ufficio a lungo termine dovrebbe subire un calo inferiore rispetto a quanto suggeriscono al momento i corsi di borsa dei titoli immobiliari incentrati sugli uffici. In ogni caso l'home working si è potuto affermare grazie alla pandemia. Il lavoro a domicilio in futuro rappresenterà una quota fissa nel grado di occupazione di molti lavoratori. Gli economisti di Credit Suisse prevedono pertanto in un’ottica di più lungo termine una riduzione della domanda di superfici a uso ufficio pari al 15% circa. Tuttavia, poiché altre tendenze, come la digitalizzazione, la terziarizzazione dell'industria e la crescita economica dovrebbero continuare a influenzare positivamente la domanda di uffici, sul lungo periodo il fabbisogno di superfici dovrebbe rimanere stabile, ovvero si dovrebbe verificare una stagnazione della domanda. Per il momento sono comunque la recessione e il conseguente calo dell'occupazione a provocare una contrazione della domanda di superfici a uso ufficio.

Cambiamenti strutturali sul mercato degli alloggi in uno scenario estremo
Se il coronavirus dovesse tenerci compagnia ancora a lungo, si potranno verificare cambiamenti di lungo periodo anche sul mercato degli alloggi. Nel caso in cui nei prossimi quattro - cinque anni non ci fossimo ancora liberati del virus, i fattori di microposizione come esposizione al sole, tranquillità, presenza di infrastrutture, ecc., assumerebbero un peso decisamente maggiore nella scelta del luogo di dimora. Dovrebbero assumere più importanza anche le caratteristiche dell'appartamento, in particolare la qualità della planimetria e degli spazi esterni. Le ubicazioni residenziali nelle aree periferiche sarebbero improvvisamente più attrattive, in quanto molti lavoratori non dovrebbero più recarsi in ufficio quotidianamente. Sarebbero più richieste le zone convenienti sul piano fiscale, mentre si attenuerebbe lievemente la pressione nei grandi centri urbani. Di conseguenza, si ridurrebbe leggermente anche il forte divario dei prezzi tra città e campagna.

Immagine: da 11 anni cresce ininterrottamente la quota di appartamenti sfitti
Indice delle disponibilità abitative per segmento, in % del rispettivo parco alloggi

Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse


La versione integrale dello studio «Monitor immobiliare Svizzera 3° trimestre 2020» è disponibile su Internet in italiano, tedesco, francese e inglese all'indirizzo: credit-suisse.com/monitorimmobiliare